MILANO – Alessandro Sallusti, condannato a 14 mesi di reclusione per diffamazione aggravata, dovrà affrontare un nuovo processo. Quando si dice, piove sul bagnato…L’ex direttore del Giornale è stato rinviato a giudizio con l’accusa di omesso controllo in un procedimento per diffamazione ai danni dell’ex sostituto procuratore militare di Padova, Maurizio Block. Anche questa volta l”accusa si riferisce a quando Sallusti era direttore di ‘Libero’.
La notizia giunge il giorno dopo la decisione della Cassazione che ha confermato la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano il 17 giugno 2011 per diffamazione a mezzo stampa nei confronti del magistrato Giuseppe Cocilovo.
Troppe le similitudini col nuovo caso. La condanna di ieri era per un articolo che peraltro non è stato scritto da Sallusti (condannato in qualità di direttore responsabile), ma firmato con lo pseudonimo Dreyfus, che poi si è scoperto celare la firma del deputato Renato Farina. Nell’articolo il radiato Farina attaccava il giudice Cocilovo, colpevole a suo dire, di aver autorizzato una ragazzina di 13 anni ad abortire, su richiesta dei genitori.
Questa volta dietro al banco degli imputati, insieme a Sallusti, siederanno la giornalista Barbara Romano e il generale Antonio Pappalardo, che venne intervistato da Libero nel luglio del 2007.
Il processo si aprirà il prossimo 5 dicembre davanti alla Quarta Sezione Penale di Milano. Al centro del processo c’è un’intervista firmata dalla giornalista al generale Pappalardo e pubblicata su Libero il 3 luglio del 2007. Nell’intervista il generale avrebbe, secondo l’accusa, rilasciato delle dichiarazioni diffamatorie nei confronti dell’ex sostituto procuratore militare di Padova, Maurizio Block, oggi consigliere del Csm Militare.
Block si è costituito parte civile, rappresentato dall’avvocato Fabio Sebastiani, mentre Pappalardo è difeso dal legale Filippo Sabbia. La difesa della giornalista e di Sallusti, rappresentata dall’avvocato Valentina Ramella, aveva puntato sull’assoluzione dei due imputati facendo riferimento a una sentenza della Cassazione, la quale, in sostanza, ha stabilito che se l’intervistato riveste un particolare ruolo istituzionale, come all’epoca il generale Pappalardo, le dichiarazioni riportate hanno interesse pubblico e come tali possono essere riportate letteralmente.
Fonte: www.blitzquotidiano.it